Condividiamo le parole del nostro caro amico e socio Renato Martelli. Speriamo che possano servire a far nascere in voi la speranza per una nuova rinascita.

Corvid-19, la guerra e il Parco Lambro

È un momento particolare per Milano, angoscia, indifferenza, superficialità, sentimenti che si presentano in vari momenti a tutte le persone. C’è preoccupazione. Combattere una guerra contro un nemico che si nasconde ma è presente dietro ogni angolo, persona, superfice, contatto, nell’aria, per terra, ovunque. E che costringe a stare nel proprio rifugio, in casa. Senza uscire, prigionieri in un ambiente al chiuso, relativamente fortunati perché circondati dai propri interessi e affetti ma pur sempre un rifugio di guerra.

Ho più di 70 anni e mi dicono che sono a rischio, il nemico invisibile ha una preferenza nei suoi obiettivi, e la preferenza potrei essere io. Non ho paura, ma non è incoscienza, perché torno con i miei pensieri ai racconti dei miei nonni e dei miei genitori. Racconti di periodi non vissuti da me: appartengo alla generazione definita con un termine ormai in disuso: sono un “dopo guerra”, un appellativo che indicava l’essere fortunati, il non aver sofferto, l’esser cresciuti nel periodo di veloce espansione dell’economia italiana.
Ma i racconti che più scolpivano la memoria dei ragazzi della mia generazione erano quelli di guerra e vivo era chiaramente il racconto dell’ultima, dove il fronte è arrivato anche dal cielo colpendo soprattutto le grandi città e la popolazione civile. E nell’agosto del 1943 un massiccio bombardamento che, con ripetizioni successive e per lunghi periodi, distrusse gran parte di Milano. I racconti parlavano di polvere, incendi, rifugi che tremavano sotto le bombe o crollavano seppellendo chi pensava di avervi trovato sicurezza.

Ma bisognava pur vivere e la prima cosa da fare era liberare le strade, e, a guerra terminata, ricostruire velocemente dove c’era stata distruzione.
Le macerie di Milano venivano trasportate accumulandole in luoghi scelti perché relativamente lontani dalla città colmando cave abbandonate o scaricandole i parchi già esistenti ma sconvolti dai bombardamenti.
Uno, molti lo conoscono, è a San Siro: la “Montagna de San Sir, tomba di nòster cà”, il Monte Stella, alto 185 m s.l.m., così battezzato dall’Architetto Portaluppi che, nel dopoguerra, progettò il Quartiere Ottava Triennale (QT8) comprensivo della sistemazione paesaggistica con l’utilizzo anche delle macerie dei bombardamenti. L’altro luogo invece è quasi sconosciuto ai cittadini milanesi: è la montagnetta del Parco Lambro, alta 143 m s.l.m., il punto più elevato di Crescenzago, ed è la sorella minore di quella di San Siro. Ai suoi piedi c’è una targa e una pietra a ricordo del luogo e della sua storia.

targa parco Lambro
Targa presente sulla montagnetta del Parco Lambro


Dal nostro “rifugio casalingo” potremo, con l’utilizzo del nostro PC e di Google Maps, cercare Via
Feltre e apparirà la collina del Parco Lambro definita “punto di riferimento storico”.

Soffermiamoci su quanto potremo trovare sotto la collina: mattoni, pezzi di intonaco, tappezzerie, piastrelle di pavimenti, ricordi di vite intere forse perdute e riandiamo con l’immaginazione in quei momenti del lontano 1943 e pensiamo allo stato d’animo delle persone. Angoscia, per molti disperazione, lutti, un futuro incerto, un’economia ferma: un incubo, in quei momenti i pensieri andavano solamente a trovare un alloggio, a fuggire dalla città, a cercare cibo, medicine, vestiti. Ma dopo quei tragici avvenimenti, cosa avvenne?

La reazione, la rinascita di un paese distrutto, la voglia di ricominciare da capo, il “guardare avanti”. Parole che forse adesso, nell’attuale situazione, è difficile ascoltare e farle nostre… altri tempi.
Forse. Ma allora, come oggi, molti si sono tolti di dosso la rassegnazione e hanno pensato a un futuro da reinventare o attività da far ripartire quando sarebbe arrivata la fine della guerra. Idee, volontà, sacrifici che fecero rinascere il paese. In quei momenti, qualcuno, sensibile come possono esserlo gli artisti, fu anticipatore di futuro:


Alberto Savinio, pseudonimo di Andrea De Chirico, fratello meno conosciuto, ma non per questo meno importante, del più noto Giorgio De Chirico scrisse un brano che possiamo trovare nel libro “Ascolto il tuo cuore, città”. Sono le Note di Taccuino del 27 agosto del 1943 scritte in quella data con visione quasi profetica:

“Giro per le rovine di Milano. Perché questa esaltazione in me? Dovrei essere triste, e invece sono formicolante di gioia. Dovrei mulinare pensieri di morte, e invece pensieri di vita mi battono in fronte, come il soffio del più puro e radioso mattino. Perché? Sento che da questa morte nascerà nuova vita. Sento che da queste rovine nascerà una città più forte, più ricca, più bella. Fu allora, Milano, che in silenzio, tra me e il tuo cuore, ti feci la mia promessa. Tornare a te. Chiudere in te la mia vita. Tra le tue pietre, sotto il tuo cielo, tra i tuoi conchiusi giardini. Amen. Sopra il portone del numero 30 di Via Brera, questa insegna: Impresa Pulizia Speranza. Che aggiungere? È detto tutto”.

Infatti non conviene aggiungere altro, o forse sì, la sequenza finale di un film molto conosciuto da noi “dopo guerra”: Via col Vento.