Citizen Science è un termine che vuol dire letteralmente la scienza fatta dai cittadini. 

Ci sono infatti persone comuni, senza particolari curriculum scientifici, che da sole o in associazioni usano il loro tempo libero per dare un contributo alla ricerca scientifica. 

Il contributo della Citizen Science in certi contesti può diventare insostituibile per raggiungere risultati scientifici importanti, proprio perché i cittadini possono aumentare di molto i dati dedotti dalle osservazioni di fenomeni naturali. Si pensi alle osservazioni astronomiche condotte dagli astrofili o alla ricerca di nuove specie d’insetti o, ancora, allo stato di salute dei laghetti alpini. 

In tutto il mondo, la Citizen Science è molto sviluppata e anche finanziata a livello di crowfunding o da enti pubblici. In Italia vi sono progetti di collaborazione tra ricercatori del CNR o di Università e cittadini volontari, come il MIPP (Monitoring of insects with public partecipation) per raccogliere dati sugli insetti; il CSMON-LIFE (Citizen Science MONitoring), monitoraggio per la protezione della biodiversità acquatica. 

Essenziali per la riuscita di questi progetti cooperativi sono le grandi possibilità di comunicazione offerte da Internet, usata per scambiarsi i dati e coordinarsi. LTER-Italia ad esempio si propone come mezzo per raccogliere dati dai volontari e contribuire alla loro formazione nel campo ambientale e biologico. 

La maggior parte dei Citizen Scientists usa la propria vista e al più il telefono cellulare come strumento di georeferenziazione (GPS), raccolta immagini e comunicazione. Però per molte ricerche è anche necessario compiere misurazioni sul posto. In questo caso i volontari Citizen Scientists sono aiutati dalla possibilità di auto-costruire strumenti a basso costo, che, con la grande disponibilità tecnologica open source di oggi, poco hanno da invidiare a quelli professionali. Un caso ormai famoso è quello della rete SAFECAST per il monitoraggio delle radiazioni nucleari, nata subito dopo l’incidente nucleare di Fukushima in Giappone. In quel caso la motivazione principale è stata la scarsa fiducia che i cittadini avevano nei dati forniti dalle 

autorità. La raccolta e lo scambio di tanti dati sulla radioattività ambientale ha permesso di costruire uno scenario diverso e più credibile sulle conseguenze dell’incidente. 

L’auto-costruzione di strumenti di misura è favorita dallo sviluppo in tutto il mondo delle reti di makers, sviluppatori di dispositivi elettronici e digitali, e dei laboratori di fabbricazione digitale (FabLab), che coinvolgono proprio cittadini comuni uniti dalla passione per le scienze e la tecnologia. 

Ci sono ancora due problemi da superare, specialmente nel nostro paese, che forse ancora sono la causa del piccolo numero di persone coinvolte nella ricerca scientifica con propri strumenti. Uno di questi è la formazione STEM, ancora oggi carente nella scuola, necessaria a capire il funzionamento fisico dei sensori e le metodologie di misura. L’altro problema è la collaborazione con le istituzioni accademiche, che devono dare il loro contributo per la calibrazione degli strumenti. 

Mentre il primo problema può essere facilmente risolto con l’aiuto della formazione a distanza, oggi molto facilitata dalla Rete e con la pratica autodidattica, il secondo non è risolvibile con la Rete perché spesso richiede la frequentazione di laboratori da parte dei Citizen Scientists, dove sono presenti strumenti precisi e costosi. In quest’ultimo caso, molto dipende da cosa si vuole misurare: ad esempio, mentre calibrare sensori di temperatura e di umidità può essere facilmente fatto con due termometri di precisione del costo di 20 euro l’uno, un radiometro solare di precisione, da affiancare ad uno auto-costruito, può costare 1000-2000 euro. 

Nel campo ad esempio della misura di componenti minoritari presenti nell’ aria e nell’acqua, gli strumenti auto-costruiti richiedono quasi sempre una calibrazione in laboratorio con strumenti più precisi. Un’alternativa per l’aria è installare lo strumento auto-costruito nelle vicinanze di una centralina ARPA e confrontare le due misure per un periodo sufficientemente lungo, per esempio un mese. 

Una domanda che spesso si pongono i Citizen Scientists che misurano lo stato dell’ambiente è quanto sia legale questa pratica assieme alla diffusione dei risultati. Questo tema è largamente esplorato da esperti legali che lavorano in campo ambientale, si vedano ad esempio i siti: 

https://sensingforjustice.webnode.it/

https://digi-courses.com/openpresstiu-sensing-the-risk/

Altre pubblicazioni ufficiali, redatte da organismi internazionali come l’Agenzia Europea per l’Ambiente o l’ONU enfatizzano molto il ruolo dei cittadini e quindi della Citizen Science nella raccolta dei dati e nella sorveglianza dell’ambiente. Qui sotto ne vengono riportate alcune: 

“MONITORING PLASTICS IN RIVERS AND LAKES – Guidelines for the Harmonization of Methodologies” , 2020, United Nation Environment Programme 

“Citizen Science projects on air quality produce useful information and raise public awareness “ 

https://www.eea.europa.eu/highlights/citizen-science-on-air-quality

EEA Report No 19/2019 

https://www.eea.europa.eu/publications/assessing-air-quality-through-citizen-science

Prova

https://www.lambrolucente.eu/citizen-science-cose/(si apre in una nuova scheda)