Un racconto di Roberto Gariboldi che, dopo la narrazione del castagno di Petrarca e dei Martinitt alla sorgente del Lambro ci trasporta lungo il corso del fiume in Milano, in una zona che allora era in aperta campagna con il Fiume Lambro ben visibile e “divoratore” di lippe.

Entro nei Martinitt

L’imponente edificio (ai piccoli tutto sembra sempre più grande) di via Pitteri a Milano, dal 1934 la sede del collegio dei Martinitt, mi si è presentato la prima volta nel settembre del 1955, quando mia mamma mi accompagnò alla portineria del collegio per espletare le formalità necessarie per l’ingresso. La seconda guerra mondiale era finita da appena dieci anni, dovevo frequentare la terza elementare ed entrai nel collegio, raggiungendo mio fratello, più vecchio di me di cinque anni, che dal 1951 già vi si trovava. Per me  avere un fratello fu una scoperta, non me lo ricordavo, quattro anni di distanza lo avevano reso un estraneo, ma ne fui subito conquistato, specialmente dal suo sorriso affettuoso.

Il collegio

Il corpo di fabbrica prospicente la via Pitteri conteneva gli uffici, la sala cinema-teatro, il refettorio, l’infermeria e tutti gli altri servizi, anche la chiesa si affacciava sulla pubblica via.

Più arretrati si trovavano altri quattro padiglioni con le aule di studio e i dormitori dei ragazzi ospitati nel collegio, in quel tempo eravamo circa cinquecento, divisi per compagnie ognuna seguita da un istitutore. Due padiglioni erano riservati ai più piccoli che facevano le elementari e gli altri due padiglioni erano destinati ai più grandi che frequentavano le medie oppure lavoravano.

La vita nel collegio

Non c’era contatto fra i due gruppi se non in refettorio, oppure la domenica al cinema e a messa, non sempre riuscivo a vedere mio fratello, ma lui si ingegnava per venirmi a trovare. Siccome già lavorava alla Rizzoli aveva occasione di incontrare mia mamma e così mi portava qualche dolce o altre cose che mi potevano servire.

Dopo la scuola al mattino e nel primo pomeriggio i compiti e lo studio, si arrivava finalmente alla ricreazione, questo era l’unico momento di sfogo che ci veniva concesso, gli istitutori chiaccheravano tra loro e noi ci scatenavamo giocando al pallone o ad altri giochi, severamente proibito era il gioco della lippa, considerato pericoloso.

Il nostro muro di confine si affacciava sulla fabbrica della Innocenti, così quando il pallone andava oltre il muro c’erano sempre gli operai che ce lo restituivano.

Il gioco della lippa proibito

Da “giocopopolare.it

Ma a noi questa proibizione del gioco della lippa non andava giù e, sicuramente benevolmente tollerati dagli istitutori che fingevano di non vedere, avevamo escogitato il sistema per giocare ugualmente.

Lo spazio ove potevamo giocare era molto grande, di terra battuta con poca erba, ma verso il fondo c’era un filare di alberi e poi, prima dell’altro muro di confine che si affacciava sul Lambro, un prato. Pensando così di non essere visti perché nascosti parzialmente da questi alberi, organizzavamo delle squadre a turno per giocare alla lippa in questo spazio, inventando ogni volta regole e tornei.

Si va oltre la proibizione

Per gli attrezzi ci si arrangiava, la lippa si faceva con un pezzo di legno appuntito con un coltellino (altro oggetto molto proibito, ma che molti di noi avevano), per la mazza bastava un bastone qualsiasi. Si giocava sino a quando non si vedeva più e molte volte la lippa presa bene riusciva a superare il muro di cinta e andava a galleggiare sul fiume Lambro, che sentivamo scorrere ma non a vedere.

Certi ricordi, col tempo, assumono una dimensione epica, sconfinando nel mito, rendendo favoloso il ricordo dei tempi passati: il proibito gioco della lippa è uno di questi miti della mia infanzia, ora penso che solo pochi sappiano cosa sia, è un gioco semplice, da poveri, dove bastano due pezzi di legno e si può giocare all’infinito senza mai stancarsi.

POST-FAZIONE

La sede dei Martinitt in Via Pitteri a Milano da una foto area degli anni ’30. Sullo sfondo si può notare il Fiume Lambro.

Chi sono i Martinitt?

Assieme alle Stelline (orfanotrofio femminile) e al Pio Albergo Trivulzio (ricovero per anziani), rappresentano efficacemente l’attenzione che da sempre la città di Milano ha verso chi è in difficoltà. I Martinitt erano un orfanotrofio maschile destinato a chi mancavano entrambi i genitori oppure di uno solo dei due. Fondato da san Gerolamo Emiliani nel 1532, la prima sede del collegio era in via del Giardino, all’angolo delle attuali via Manzoni e via Morone, vicino ad un oratorio dedicato a san Martino, da qui il nome di Martinitt (quelli di san Martino), l’oratorio poi assunse il nome di san Martino degli orfani.

I Martinitt nella storia di Milano

L’istituzione entra nel cuore dei milanesi che ne ebbero sempre cura, nel 1772 i Martinitt vennero traslocati presso la chiesa di san Pietro in Gessate. I giovani orfani acquistarono una grande fama durante le cinque giornate di Milano nel 1848, partecipando attivamente come portaordini alla rivolta contro gli austriaci.

La nuova sede di via Pitteri a Milano

Nella sede di san Pietro in Gessate restano sino al 1934, quando venne ne costruita una apposita in via Pitteri a Lambrate, allora estrema periferia, dotata anche di teatro. Negli anni ’50 del secolo scorso la struttura presso il Lambro ospitava circa 500 ragazzi, la vita era improntata ad una severa disciplina, l’insegnamento era curato, anche se era prevista solo la possibilità di frequentare, dopo le elementari, l’avviamento professionale, in vista di un lavoro, il collegio ospitava i ragazzi sino ai 18 anni.

Chiusura del collegio

I diversi Enti, dal 1971, sono stati trasformati e uniti in “Azienda di servizi alla persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio”, e l’ex orfanotrofio è sede di un campus universitario. Il vecchio Teatro è stato convertito in Teatro Cinema, con il nome e il logo storico dei “Martinitt” ed è gestito da una cooperativa che, dal 1979, ha prodotto più di 200 spettacoli