Il nostro viaggio verso la foce continua e, sulla sponda destra, troviamo CERRO AL LAMBRO  attraversato nella parte orientale dal fiume, che crea un confine naturale con San Zenone al Lambro.

Il nome deriva dal Cerro, nome scientifico Quercus Cerris, un tipo di quercia che fornisce legname molto pregiato, usato principalmente per la confezione di botti e raggi delle ruote dei carri.  La scelta del nome “cerro” è correlata all’abbondanza di questa pianta, tipica delle sponde del Lambro.

Interessante nella frazione Riozzo la chiesina di San Rocco.

L’anno di fondazione della chiesa è imprecisato. Il primo documento in cui viene citata è del 1517.  Nella chiesina sono ospitate alcune opere artistiche di un cerro pregio.

Chiesa San Rocco Riozzo

La prima è la Madonna col Bambino, posta davanti all’altare, risale al Trecento e costruita dal Maestro di sculture di Viboldone.  La Processione di San Gregorio, datata tra il 1584 e il 1610, commemora la solenne processione dell’anno 590 per invocare la cessazione dell’epidemia di peste durante la quale apparve San Michele Arcangelo. Santa Eurosia, dipinta da Cesare Fiori, risale al 1673.

Lasciata Cerro si scende a SALERANO

Il nome di questo paese compare per la prima volta nel  1122, con il nome di Salarianum vicus che si vuole derivante da “sale”, perché  le barche che risalivano il Lambro trovavano approdo per lo scarico ed il pagamento del dazio.

Il monumento più significativo è il palazzo chiamato “Castello Vistarini la cui costruzione si fa risalire al XVI secolo ed appartenuto fino a metà del secolo XVIII alla nobile famiglia lodigiana.

All’interno sono ancora visibili residui di affreschi di un certo interesse. Ospita la biblioteca comunale ed un piccolo museo di reperti ritrovati in zona.

Da Salerano, attraverso campi e pioppeti, verso  Sant’Angelo Lodigiano

 Le origini del borgo di Sant’Angelo sono molto antiche perché il toponimo locale non sembra  avere legami a chiese e monumenti dedicati a sant’Angelo, ma piuttosto alla figura dell’arcangelo Michele, fortemente venerato dai Longobardi.

A Sant’Angelo il Lambro riceve le acque del Lambro Meridionale, un fiume che entra nella cerchia di Milano come Olona e dopo varie canalizzazioni, ne esce con il nome di Lambro Meridionale.

Un castello, dal 1370, per il controllo del LAMBRO

Nel cuore della cittadina spicca l’imponente mole del castello costruito nel 1370 dai milanesi per assicurarsi il controllo del Lambro. Nel 1552 gli Sforza lo donarono alla famiglia Bolognini.

Già in epoca romana si hanno notizie di un castrum posizionato alla confluenza dei due rami del Lambro. Proprio per la posizione particolarmente strategica la rocca fu spesso oggetto di aspre contese tra Milanesi, Lodigiani e Pavesi  

 Nel 1763 il castello ospitò Giacomo Casanova che, nelle sue memorie, narra dello stato di degrado in cui versava l’edificio. L’ultimo erede della famiglia Bolognini, il conte Giangiacomo Morando Bolognini, avviò imponenti lavori di restauro conclusisi nel 1912 ed alla sua morte, la vedova, Lydia Caprara, creò la Fondazione Morando Bolognini, a memoria del marito, affinché la sua opera non andasse dispersa.

Questa fondazione ha il duplice scopo di promuovere la sperimentazione agraria e la gestione del Castello, che attualmente ospita tre musei: la Casa-Museo dei Bolognini, il Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura ed il Museo del Pane.

Una casa museo riccamente arredata, da inizio 900

La Casa Museo dei Bolognini, aperta nei primi decenni del 1900, conta 24 saloni riccamente arredati, offrendo ai visitatori la possibilità di rivivere antiche e suggestive atmosfere.

Si possono ammirare mobili, quadri e vasellame nel periodo compreso tra il ‘700 e il ‘900, oltre a lavori artigianali in ferro battuto.

Di particolare interesse, la Biblioteca, che ospita circa 2000 volumi ed un’interessantissima Armeria, costituita da circa 500 pezzi di varie epoche e provenienze.

Degne di nota anche la Sala del Trono, la Sala degli Antenati, la Cappella, la Sala degli Specchi e le Sale da Pranzo.

La storia dell’agricoltura nel museo dedicato

Il Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura racconta la storia dell’agricoltura a partire dai neolitico, all’età romana, medioevale, rinascimentale e moderna.

Un ampio settore è dedicato all’agricoltura tradizionale lodigiana, con la ricostruzione di botteghe artigiane: falegname-carradore, fabbro-maniscalco, sellaio, oltre ad un’abitazione di contadini (cucina e camera da letto).

Una sala presenta il contributo delle civiltà extraeuropee alla nostra agricoltura.

Nel cortile sono esposti carri agricoli e macchinari della prima industrializzazione delle campagne

Anche il pane narrato in un museo

Il Museo del Pane è’ allestito in quattro sale: nella prima sono presentati i cereali, materia prima per i diversi “pani” del mondo; nella seconda sono illustrate, le varie fasi del ciclo “Grano-Farina-Pane”, mentre la terza sala raccoglie oltre 500 forme di pani (veri) delle regioni italiane e di molti paesi europei ed extraeuropei.

Nella quarta sala sono visibili le attrezzature per la produzione del pane e sono inoltre presenti composizioni di pani artistici realizzate da maestri panificatori.

Lasciato S. Angelo, una breve deviazione dalle sponde del fiume, ci porta a

BORGHETTO LODIGIANO

Nell’abitato, si distingue quasi isolato nella piazza principale, palazzo Rho, costruzione tardogotica in cotto (XV secolo), attuale sede del Comune.

A fianco sorge la parrocchiale di San Bartolomeo, trasformata dal restauro ottocentesco

Il Palazzo Comunale ospita all’ultimo piano il Piccolo Museo dei Lavori Umili.

Una raccolta di oltre seicento pezzi provenienti dalle cascine e dalle botteghe di Borghetto Lodigiano e del territorio limitrofo.

Nella frazione Vigarolo notevole la Villa Ghisalberti Nocca, oggi denominata Villa Redentore.

È una residenza edificata a partire dal 1849 dall’architetto Afrodisio Truzzi, per il nobile Flaminio Ghisalberti, all’epoca gran ciambellano di Francesco I.

Dopo aver ospitato varie attività, l’ultima un Istituto Agrario, l’edificio è oggi in disuso e presenta seri problemi di conservazione.

Il nostro fiume lucente scorre nella pianura verso la foce, ormai vicina, ma quasi all’improvviso, ci troviamo davanti una collina verde di vigneti:

Il Colle di SAN COLOMBANO

una “enclave” della Città Metropolitana di Milano fra le province di Lodi e Pavia San Colombano sorge sulla riva destra del Lambro che segna il confine con la provincia di Pavia.

Quando si costituì la Provincia di Lodi nel 1992, gli abitanti di San Colombano, con un referendum, vollero restare “milanesi”, facendo così del colle di San Colombano il punto altimetricamente più elevato e l’unica zona di produzione di vino DOC della Città Metropolitana di Milano.

Il comune è il principale centro di produzione del vino DOC omonimo, i cui vigneti sono sparsi nelle zone adiacenti.

Numerose tracce e reperti testimoniano un continuo popolamento dell’area fin dall’epoca preistorica. L’imperatore Corrado II aveva donato il territorio di San Colombano a Ariberto d’Intimiano che nel 1034 lo donò a sua volta alla Chiesa milanese. Da quel momento la città fu sempre legata ai destini di Milano.

C’era una volta San Colombano

Il santo monaco irlandese Colombano, protetto da Agilulfo e Teodolinda, durante il suo percorso verso Bobbio, dove fonderà una grande abbazia, si fermò qui lasciando il suo nome alla città.

Federico Barbarossa lo distrusse, per poi farlo riedificare seguendo lo stile romano e dal 1299 territorio e castello entrarono in possesso dei Visconti.

Nella storia della città ebbe grande importanza la presenza dei Certosini. A loro si devono importanti opere di bonifica del territorio fino al 1782, quando l’Ordine fu soppresso da Giuseppe II d’Austria.

Oltre alla bellezza generale, il borgo offre alcuni punti di particolare interesse.

La Chiesa Parrocchiale di antiche origini

Il primo impianto, probabilmente un oratorio, risale all’epoca carolingia e fu eretto su beni di proprietà del monastero di Bobbio.

Internamente la chiesa presenta tre navate e cappelle laterali, fra le quali si può ammirare la cappella votiva detta “del Rosario”, eretta dopo la pestilenza del 1630.

 La chiesa ospita affreschi di Bernardino Campi (eseguiti tra il 1576 e il 1581 per la cappella di S. M. Maddalena, in Castello, e da essa asportati nel 1846), opere di Bernardino Lanzani, di Paolo Caravaggio e dipinti a olio dell’artista contemporaneo Felice Vannelli.

Il grande organo a canne è stato costruito nel 2008 dalla Fabbrica d’Organi Franz e Andrea Zanin di Camino al Tagliamento, riutilizzando materiale fonico del precedente organo monumentale del 1842, opera dell’organaro Adeodato Bossi-Urbani di Bergamo (1.189 canne, circa un terzo del totale di cui attualmente l’organo si compone

L’Oratorio di San Rocco

“Ornamento e decoro del Borgo”: così l’ha definita lo storico locale Don Annibale Maestri. La chiesa, edificata nel 1514 appena fuori le mura, sul proseguimento della “strada magistra” per Lodi.

La costruzione è attribuita agli architetti Giovanni Battagio e Giovanni Amadeo, ha pianta ottagonale ed è stata eretta in stile bramantesco. Interessante risulta la parte alta della fabbrica, di impostazione rinascimentale; internamente è sede del matroneo, le cui aperture bifore sono “impreziosite” da colonnine binate finemente tornite.

Nel corso di lavori di restauro dell’Oratorio, eseguiti durante gli anni sessanta del Novecento, vennero in luce, nell’altare di destra, sotto gli affreschi raffiguranti scene di vita di S. Rocco, dipinti precedenti di S. Giovanni Battista e di S. Fermo e quattro porte antiche situate sui lati diagonali dell’ottagono restaurate con mattoni di recupero, sagomati a mano.

La Chiesa di San Francesco

Eretta attorno al 1499 sulla sponda sinistra della “Rugia Nuova”, si trovava in posizione esterna alle mura del Borgo. Nel 1623 fu adattata per farne un piccolo monastero dei frati Minori Osservanti e nel 1664 trasformata in un complesso di clausura fino al  1811. L’impostazione architettonica della facciata, con il frontone indicante l’inclinazione del tetto, richiama lo stile lombardo-romanico; il pronao d’ingresso ne completa le caratteristiche rinascimentali.

La Chiesa di San Giovanni

Nel 1510 fu edificato l’ospedale e consacrata la chiesa di S. Giovanni Battista. Prima proprietà dei Terziari Francescani, divenne poi il convento di S. Antonio, finché, nel 1782 fu soggetta a espropri ed a diverse destinazioni.

Nonostante varie trasformazioni apportate nei secoli, la facciata ha mantenuto l’impostazione originaria. Notevoli opere di ristrutturazione e restauro hanno riportato alla luce, all’interno della chiesa, pregevoli stucchi d’epoca barocca e intarsi marmorei di fattura tardoromanica.

Il Portone

Fu costruito nel 1691 per volere dei Certosini a ricordo di un privilegio concesso dal re di Spagna Carlo II, che onorò S. Colombano del titolo araldico di Borgo Insigne.

La prima pietra del “Portone di Borgoratto sulla strada per Lodi” (sua denominazione originaria) fu posata il 27 luglio dal Priore del Monastero.

Secondo il progetto iniziale, doveva essere l’origine di un nuovo muro che chiudesse tutta la borgata, ma i lavori vennero sospesi e il Borgo rimase aperto.

Sotto il pilastro dell’arco, a destra uscendo dal borgo sono state murate una pergamena portante la data 27 luglio 1691, il nome di Giovanni Abbiate ed una moneta d’argento con l’immagine di S.M. Cattolica Carlo II di Spagna.

A corona del borgo: spicca un Castello

Le origini del castello di San Colombano si fanno risalire al VI secolo, accomunate all’omonimo monastero di San Colombano di Bobbio.

Il luogo appartenne dall’800 circa al 1000 al contado (Comitatus) di Lodi, come appare dai documenti del 1034 e 1299.

Nel X secolo si ha documentazione dell’esistenza del castello, posto a protezione sia della capitale Pavia, che della residenza reale di Corte Olona.

Il Barbarossa, durante la sua seconda calata in Italia, distrusse il castello di San Colombano e tutti i castelli limitrofi, ma nel 1164, riconosciuta l’importanza che il luogo ricopriva per la sua particolare conformazione morfologica e per la posizione strategica sulla strada Milano-Piacenza, decise di riedificarlo con dimensioni molto più grandi dell’originale e creando intorno una grande borgata denominata “Magnum suburbium“, con un ricetto, munita di mura merlate, terrapieno, fossa di contenimento e rivellini d’entrata.

Le grandiose dimensioni del castello, la perfetta regolarità simmetrica e l’ampiezza delle strade del borgo, inusuali per l’epoca, donano al complesso un’importanza notevole.

Il castello nasce essenzialmente dall’accoppiamento di una rocca ed un ricetto; più precisamente si tratta di un castello-recinto posto su due corti diverse: la più alta a destinazione militare e la più bassa a destinazione civile, in particolare con funzione di ammasso di riserve agricole (ricetto).

La rocca di pianta trapezoidale dimostra ancor oggi la sua antica potenza, dovuta innanzitutto alla posizione privilegiata. Il castello era dotato di molti passaggi sotterranei, presenti specialmente nella parte bassa, situati in corrispondenza delle case del ricetto ad est destinati a cantina, sia nella zona ovest.

I Certosini chiusero tutti questi passaggi sotterranei per togliere al castello ogni connotazione militare e trasformarlo in una costruzione ad uso civile e religioso.

A San Colombano, il 25 ottobre 1902, nacque Don Carlo Gnocchi, fondatore della Pro Juventute e dell’Infanzia Mutilata ed Abbandonata. Sulla sua casa natale, in via Vittoria, una lapide lo ricorda.

Il Palio del Guiderdone

Gli otto rioni in cui è suddivido il paese (Imperiale, Borgoratto, Mombrione, Campasso, Lazzaretto, Regone, Fontanelle, Campagna) festeggiano il Palio del Guiderdone nella seconda domenica di settembre.

Il palio, consiste nella rievocazione dell’assalto al portone della torre d’ingresso al Castello, utilizzando un ariete artificiale spinto da sette componenti di ciascun rione: vince il rione che realizza un certo punteggio aggiudicandosi per un anno la “Cingolina”, trofeo bronzeo che riproduce una delle torri del Castello.

La manifestazione ricorda un fatto realmente accaduto nel 1401, quando i popolani, frustrati da angherie fiscali dai Visconti di Milano, diedero realmente l’assalto al castello.

Stiamo entrando nella provincia di Pavia e nel comune di Chignolo Po troviamo la frazione Ca’ Matta, che nel 1938 assunse il nome di Lambrinia.

Qui il fiume scorre verso la foce, tra campi e cascine, lontano dal centro abitato, ma noi faremo una breve deviazione per vedere questa bella cittadina ed alcuni suoi punti di sicuro interesse che la caratterizzano.